La preparazione & gli ingredienti
La ricetta dello spiedo bresciano è a base totalmente di carne, fatto salvo per alcune eccezioni come le patate e le foglie di salvia di provenienza locale che si usa mettere tra un pezzo e l’altro per dare quel tocco pungente al sapore della carne.
Le tipologie di carni utilizzate più spesso sono:
- Lonza o coppa suina arrotolata, per i cosiddetti “mombói”, proveniente da animali allevati in Italia e costolette suine di origine italiana.
- Cosce, petto o ali di pollo (o anche di anatra ed altri avicoli) di origine nazionale
- Coniglio (qualsiasi parte tranne la testa e le interiora) di origine italiana
- Uccelli da cacciagione (il cui utilizzo è stato di recente interdetto per tutti i locali pubblici e ristoranti)
- Tutte le carni usate nella ricetta tradizionale dello spiedo bresciano non possono essere congelate in origine, al fine di garantirne la morbidezza del prodotto finale.
Altri ingredienti previsti dalla ricetta originale dello spiedo sono il burro di origine animale, preferibilmente nostrano, e con almeno l’80% di grasso ed il sale fino di origine non marina.
La spiedatura inizia quando i pezzi di carne (detti anche “prese”) vengono infilzati su lunghi spiedi (o “schidoni”, o detti “bracoi” in dialetto bresciano) alternandoli uno ad uno ed interponendo qualche foglia di salvia tra un pezzo di carne e l’altro.
Ogni singola presa deve avere un peso di circa 70-80 grammi. Per questo motivo è importante l’accuratezza del taglio della carne.
Talvolta, su ogni schidone può venire infilzata anche qualche patata tagliata a fette di circa 1cm di altezza.
Ogni “spada” deve essere riempita con le prese di carni diverse disposte nel medesimo ordine, avendo cura di posizionare i pezzi di carne più compatta di fianco a pezzi di carne grassa.
La sequenza ideale prevista dalla ricetta dello spiedo bresciano prevede: costoletta, pollo (o equivalente), lonza, coniglio, uccello. Le patate vengono posizionate all’inizio ed alla fine di ogni “bracol”, e comunque a contatto con i pezzi metallici della struttura al fine di evitare il contatto diretto della carne con essi.
Dopo aver riempito ogni “bracol” in maniera omogenea e di peso il più simile possibile, gli schidoni vengono montati su una struttura che li mantiene posizionati a raggiera intorno ad un perno centrale che servirà, in fase di cottura, a poterli mantenere in rotazione costante (una volta esclusivamente manuale, mentre oggi si può fare anche con l’ausilio di motori elettrici).
La spiedatura così ottenuta può essere montata all’interno di un girarrosto in ferro / acciaio o posizionata all’aperto in prossimità di un camino o barbecue dove viene lasciata riposare per una notte. In questo modo, il sangue residuo all’interno della carne a riposo può gocciolare all’esterno rendendola più asciutta e idonea alla cottura.
La cottura dello spiedo
La ricetta dello spiedo bresciano prevede una cottura a fuoco lento che dura dalle 4 alle 6 ore.
Seppure oggi siano spesso utilizzati anche girarrosti scaldati elettricamente, la ricetta dello spiedo bresciano originale (ed anche la ricetta a Denominazione Comunale di Serle) implica tassativamente che vada cotto con braci di legna, preferibilmente utilizzando legni aromatici e in grado di ardere a lungo come il ginepro, il frassino, la roverella, il nocciolo ed il faggio.
È da evitare l’uso di legna di castagna ed è ammesso l’uso di carbone vegetale purchè, quando lo si posiziona all’interno del girarrosto, non rilasci gas che possono alterare il gusto della carne.
Si inizia accendendo il fuoco nel caminetto (o comunque in separata sede da dove si trova lo spiedo con la carne) e si creano un po’ di braci che, dopo circa mezzora, sono pronte da essere tolte dal letto di fuoco per essere posizionate nel girarrosto.
Le braci ardenti vanno posizionate a circa 15-20cm dalla carne, lungo tutta la lunghezza della spiedatura, e devono avere un’intensità tale da non bruciare la carne che viene mantenuta in costante rotazione da un motorino elettrico (una volta veniva letteralmente fatto girare a mano).
Dopo una prima fase di cottura “a secco” di circa mezzora, il girarrosto su cui sta cuocendo il nostro spiedo bresciano viene continuamente alimentato con braci vive mentre la carne viene “unta” dall’alto facendovi fondere sopra del burro ad intervalli regolari di 45minuti fino al termine della cottura. Questa operazione è fondamentale per mantenere la carne morbida ed evitarne le bruciature.
A circa 1 ora dall’inizio della cottura, avviene la prima ed unica salatura dello spiedo, con abbondante sale fino. Qualcuno usa applicare più salature di minore intensità, tuttavia non esiste una pratica univoca per cui le caratteristiche della salatura variano esclusivamente in base al gusto personale di chi prepara lo spiedo bresciano.
Man mano che il burro si riversa sullo spiedo, cade sul fondo del girarrosto e da qui viene fatto gocciolare in una apposita terrina. Lo stesso burro, infatti, viene “riciclato” durante tutta la durata della cottura.
Come servire lo spiedo bresciano
La ricetta tradizionale dello spiedo bresciano prevede che la cottura debba durare circa 6 ore.
Quando ci si accinge a terminare la cottura dello spiedo bresciano si interrompono le unzioni con il burro ed è usanza, 15 minuti prima del termine, rifornirlo di braci particolarmente ardenti in modo da ottenere la superficie croccante delle carni e far “asciugare” il burro residuo ancora presente sulla superficie.
Si riconosce uno spiedo bresciano ben cotto quando il burro residuo sulla superficie della carne fa la caratteristica “schiumetta”.
Quando lo spiedo appare abbastanza cotto ed asciutto, la ricetta dello spiedo bresciano dice che ci si può preparare per servirlo in tavola, avendo cura di conservare il burro fuso residuo usato per la sua unzione. Al di là del tempo di cottura, l’unico riferimento preciso per riconoscere lo stato di cottura dello spiedo è l’assaggio.
Le carni, secondo la ricetta del vero spiedo bresciano, devono essere di colore marrone/rossastro molto carico e con la superficie brillante. Mangiandole, deve essere apprezzabile la crosta secca esterna e l’interno morbido ma assolutamente non unto.
Si inizia smontando ogni singola verga (o “bracól”) dal girarrosto e si sfilano a mano i pezzi di spiedo versandoli in grosse pirofile di ceramica o, meglio, di acciaio. In questo modo, i pezzi di spiedo posizionati sotto al mucchio di prese non si raffreddano (visto che lo spiedo va servito in tavola rigorosamente caldo) e rimangono tiepidi durante tutta la durata del pranzo.
La vaschetta con i pezzi di spiedo, infatti, secondo la tradizionale ricetta viene posizionata al centro del tavolo dove ogni ospite preleva i pezzi che vuole mangiare scegliendoli tra quelli disponibili, eventualmente rovistando nel mucchio per trovare le rare patate o qualche presa specifica di gradimento (momboli o costine ad esempio).
Lo spiedo bresciano della ricetta più antica viene consumato con la polenta e l’intingolo. L’intingolo non è altro che il burro fuso che, una volta terminata la cottura dello spiedo, non viene buttato via ma conservato e versato sulla polenta avendo cura di creare un piccolo invaso nella polenta stessa per poterlo contenere creando un piccolo ristagno.
I vini adatti ad accompagnare un pasto a base di spiedo bresciano sono i vini rossi dal gusto corposo, preferibilmente del bresciano (ad esempio il Botticino o il Groppello della zona del Garda).
Si sconsiglia di riscaldare lo spiedo bresciano una volta raffreddato. Eventualmente, è consigliato consumarlo a temperatura ambiente o riscaldarlo in modo “naturale” immergendolo nella polenta bollente.
Una portata “esemplare” di spiedo bresciano. Fotografie offerte dall’agriturismo Aquila Solitaria di Serle (BS).